Mensile "Capital" n. 3, marzo 1991Amore in piccolo Gli oltre mille giardini realizzati con le piante del suo vivaio di Parabiago, il nuovo negozio a Milano in Via Boccaccio 4 (tel. 02/48193301) e lorganizzazione del museo del bonsai che verrà inaugurato in primavera, non riempiono il cuore di Luigi Crespi quanto quei dieci, fatti solo di bonsai. "La bellezza di un diospero alto un palmo mi comunica un piacere che vorrei poter dividere con altri. Ma siamo ancora in pochi " Non cè rimprovero nella voce giovane di Crespi (52 anni, milanese, autore di due volumi sullarte di coltivare il bonsai, una moglie che lo aiuta, un figlio che ricalca le sue orme di architetto di giardini e vivaista) ma solamente stupore. Ancora si chiede, infatti, come sia successo solo a lui che, nel lontano 1959, durante la visita a una di quelle mostre di piante e fiori che rendono lInghilterra una mecca per appassionati di giardini, di essere preso damore per quel modo antico e altrettanto difficile di trattare alberi, arbusti ed erbe medicamentose, inventato dai Mogul nomadi dellIndia e che si chiama appunto bonsai. "Nel loro viaggiare continuo, i Mogul", racconta Crespi, "avevano bisogno di portare con sé non solo donne, bambini, tende e cibo, animali e oggetti, ma anche piante. Dai vegetali ricavavano medicine, colori, nutrimento: così scoprirono che potevano miniaturizzarli tagliando loro le radici e coltivandoli in piccoli recipienti facili da sollevare, così da poter considerare le piante semplicemente come un bagaglio in più e portarsele ovunque". Ripensando al 1959, Crespi dice "Galeotta fu una Ginkgo biloba, la stessa che, oggi, è il pezzo più importante del mio museo del bonsai, lunico al mondo, in corso Sempione 35 a San Lorenzo di Parabiago, alle porte di Milano". Purtroppo altri due bonsai, un Ginepro e unAzalea comprati in quelloccasione, sono stati venduti: "Se potessi li ricomprerei a qualsiasi prezzo", dice Crespi, e non è unaffermazione da poco, visto che sono in circolazione esemplari vecchi di secoli che valgono centinaia di milioni. "Purtroppo", aggiunge Crespi, "in giro esistono molti falsi preparati in fretta per accontentare chi vuole fare del bonsai un oggetto da regalo. Così succede che, delusi, molti vengono a imparare come trasformare in un bonsai doc, una bougainvillea, un gelsomino, un melo. I corsi li teniamo noi, alla scuola di Parabiago". Centocinquantamila lire liscrizione, qualche settimana di pratica e teoria sui banchi di una scuola molto speciale, e larte del bonsai comincia a diventare familiare. Tra i migliori esempi di terrazza a bonsai spicca quella milanese di quel Koelliker diventato famoso per limportazione di auto giapponesi: sui tavoli allaperto, dentro a vasi di antica porcellana, cè un intero bosco miniaturizzato di faggi, alberi e querce, cè una bougainvillea alta pochi centimetri, una serie di meli che fruttificano, aceri e gelsomini vicini a cascatelle dacqua. "Le erbe da cucina, come il rosmarino e la salvia fatte a bonsai, sono tra le mie preferite", dice ancora Luigi Crespi. "Il fascino del bonsai sta nel fatto che allunga la vita alle piante: è una sfida alleternità che non fa paura". |